La vita di Santa Rita da Cascia
RITA FIGLIA
In un clima di fragile calma, Antonio e Amata svolgono la funzione di “pacieri”. I genitori di Rita sono particolarmente stimati e gli statuti del libero comune di Cascia affidano loro l’arduo incarico di pacificare i contendenti o almeno evitare stragi cruenti tra famiglie in conflitto.
RITA MOGLIE E MADRE
Il Signore benedice l’amore dei giovani con la grazia di due bambini, probabilmente gemelli o venuti al mondo a breve distanza tra loro: Giangiacomo e Paolo Maria.
RITA VEDOVA
Rita perdona di cuore e mai rivelerà il nome degli assassini, anche se questo gesto le costerà il risentimento della famiglia del marito ucciso: i Mancino.
Chiusa nel suo perdono, un timore ancora più grande la affligge: che i suoi ragazzi possano diventare vittime o protagonisti di quella spirale d’odio che s’è innescata. Si spiegano così le preghiere a Dio perché non si macchino di simili atrocità e allontanino da loro il desiderio di vendicare il padre. I due giovani, Giangiacomo e Paolo Maria, muoiono molto presto l’uno dopo l’altro, probabilmente di peste o a causa di qualche altro malanno.
Rimasta sola, tra il 1406 e il 1407 ca., Rita si avvicina sempre più a Cristo sofferente. Secondo la tradizione, risalgono forse a quel momento le inerpicate sulla cima dello Scoglio di Roccaporena.
RITA MONACA
All’età di circa 36 anni, Rita bussa alla porta del Monastero di Santa Maria Maddalena. Superate le mille difficoltà, con l’aiuto della preghiera ai suoi tre protettori Sant’Agostino, San Nicola Da Tolentino e San Giovanni Battista, finalmente corona il suo desiderio.
Nel 1407 ca., inizia la sua nuova vita nel Monastero di Santa Maria Maddalena. Qui riceve l’abito e la Regola di Sant’Agostino, che professa e vive nei suoi quaranta anni di permanenza nel Monastero fino alla morte.
Ascesi, contemplazione, preghiera, penitenza, ma anche azione sono state sicuramente le coordinate dei quaranta anni di vita claustrale di Santa Rita da Cascia.
Si racconta che durante il periodo del noviziato, la Madre Badessa, per provare l’umiltà di sorella Rita, le abbia comandato di piantare e innaffiare un arido legno.
La Santa obbedisce senza indugi e il Signore premia la sua serva facendo fiorire una vite rigogliosa.
Sull'esempio dei suoi genitori, Rita si adopera come paciera. Un giorno, un evento sconvolge Cascia e sicuramente non lascia indifferente Rita. Nel 1426, scoppia una vera battaglia tra sostenitori della tabulella Bernardiniana (l’iscrizione YHS usata per indicare Gesù Salvatore degli uomini) e i domenicani uniti agli agostiniani, con a capo il frate teologo Andrea, che le avversano. L'Ordine Agostiniano completa l’iscrizione Bernardiana con il trigramma XPS ( = Cristo ); così facendo sarebbero state messe bene in evidenzia le due nature inscindibili del Salvatore: quella umana e quella divina. La tensione purtroppo degenera in una serie di delitti in cui sicuramente la Santa si è prodigata per riportare la pace. Non a caso, nel suo sarcofago solenne - oggi conservato nella cella di Santa Rita - è riportata tanto la formula Bernardiniana YHS, quanto quella introdotta dagli agostiniani come XPS.
Si legge nell’epitaffio sulla cassa solenne: XV anni la spina patisti. Dopo aver attraversato il dolore per la morte dei cari, tra le mura del Monastero, Rita innalza il suo dolore alle sofferenze di Cristo per l’umanità: chiede ed ottiene dall’Amato, come pegno d’amore, di diventare partecipe ancora di più alla Sua sofferenza. È il 1432. Un giorno, mentre è assorta in preghiera, forse memore della predicazione sulla passione di Cristo fatta da fra Giacomo della Marca nel 1425 presso la chiesa di Santa Maria e, ancor più, formata alla spiritualità agostiniana incentrata sull’amore verso l’umanità di Cristo (che trova la sua più alta espressione nella passione), chiede al Signore di renderla partecipe alle sue sofferenze. Non sappiamo cos’è accaduto in quel momento, una luce, un lampo, una spina staccatasi dal Crocifisso le si conficca nella fronte e nell’anima.
Durante questo periodo, Rita fa l’unico viaggio della sua vita fuori dei confini del Comune casciano; va a Roma in pellegrinaggio penitenziale a piedi. La tradizione collega il viaggio alla canonizzazione di Nicola da Tolentino del 1446. Per l'occasione, la piaga sulla fronte di Rita si rimargina prima della partenza e si riapre poi al suo ritorno a Cascia.
Ancora oggi chi visita il Monastero, può vedere quello che secondo la tradizione è il Cristo del prodigio. Non è certo se sia avvenuto o meno veramente lì, ma la sostanza del fatto, storicamente provato, resta indiscutibilmente la stessa; anzi, forse il volere collocare il miracolo davanti ad un crocifisso dipinto esclude ogni causa traumatica naturale. Sicuramente Rita ha vissuto questo dono con molta umiltà, senza farne mai vanto, parlando poco della sua ferita e presentandola come tale: una piaga.
Subito dopo la sua morte, Rita viene venerata come protettrice dalla peste, probabilmente per il fatto che in vita, suor Rita Lotti si era dedicata alla cura degli appestati, senza mai contrarre questa malattia. Da qui deriverebbe l’attribuzione di santa dei casi impossibili.
RITA SALE AL CIELO
Potrebbe così inserirsi e spiegarsi, a questo punto, un ennesimo fioretto di profonda tenerezza umana. Ad una sua parente, che era venuta a trovarla, chiede di passare nel suo orto di Roccaporena e cogliere una rosa e due fichi. È un gennaio nevoso e freddo. La parente si reca all’orto e trova le due rose e i due fichi richiesti, che coglie e porta a Rita. Le sue preghiere sono state esaudite: il marito, morto ammazzato e i due figli, morti uno dopo l’altro, sono stati accolti da Dio in Paradiso.
Con un fisico ormai provato dalle tante sofferenze, Rita giunge all’alba dell’incontro celeste la notte tra il 21 e il 22 maggio dell’anno 1447. In questo momento, la tradizione vuole che le campane del Monastero, mosse da mani invisibili, si siano messe a suonare, richiamando la cittadinanza che, come per ispirazione celeste, si è recata in Monastero per venerare la suora Santa.
I PRIMI MIRACOLI
Il corpo di Rita non è mai stato sepolto, proprio per il forte culto nato immediatamente dopo la sua morte. Da subito, infatti, cominciano ad arrivare gli ex voto portati dai devoti. Vedendo tanta venerazione, le monache, decidono di riporre il santo corpo in una cassa. È a questo punto che Mastro Cecco Barbari s’incarica di costruire (più probabile: far costruire) la prima bara detta “cassa umile”.
Tra le carte del processo, si legge che: «dopo morta, dovendosi fare una cassa per riporre il corpo della Beata per li tanti miracoli che faceva, né trovandosi chi la facesse, un certo mastro Cicco Barbaro da Cascia, concorso se con le altre genti in detta chiesa per vedere il corpo della beata, ch’era struppio delle mani, disse “o’ se io non fussi struppiato, la farei io questa cassa”, e che dopo dette parole restò sano delle mani e fece la cassa…».
Mastro Cecco, nel vedere il corpo di Rita, immediatamente guarisce. Questa testimonianza ha un grande rilievo storico perché ci fa capire con chiarezza che la Beata, appena morta, viene portata nella chiesa senza cassa, sicuramente avvolta in un lenzuolo, per essere poi sepolta nel loculo delle monache. Ma la gente accorre continuamente per venerarla, impedendo così che le sue consorelle procedano al rito della sepoltura. Il corpo, quindi, resta così per qualche tempo e, intanto, si diffonde la voce che Rita compia dei miracoli.
Sempre nel 1457, a causa di un incendio divampato nell’oratorio, la cassa e il corpo rimasti intatti, vengono messi nel sarcofago, conosciuto come “cassa solenne”. Probabilmente, anche questa cassa viene fatta dallo stesso Cecco Barbari come ex voto oppure su commissione della sua famiglia, devotissima alla Beata.
BEATIFICAZIONE E CANONIZZAZIONE
Il processo si svolge a Cascia, nella chiesa di San Francesco, con capillarità minuziosa. In seguito al processo casciano, il 2 ottobre 1627, Urbano VIII concede alla diocesi di Spoleto e ai religiosi agostiniani la facoltà di celebrare la messa in onore della beata Rita. Il 4 febbraio 1628 dispone che tale messa possa essere celebrata nelle chiese agostiniane anche dal clero secolare. Con queste iniziative che autorizzavano il culto, si sanciva la beatificazione anche se non nella forma solenne e canonica tradizionale.
Nel 1737 gli agostiniani e il comune di Cascia intendono premere per la canonizzazione. Per una lunga serie di vicissitudini, il processo canonico viene più volte interrotto e ripreso, fino alla riapertura del 1853 e alla svolta rappresentata dal miracolo ottenuto da Cosma Pellegrini di Conversano del 1887.
Il 25 febbraio 1896, viene finalmente redatto il decreto sulle virtù eroiche. Nel 1899, dopo aver preso in esame i vari miracoli, stimati utili per la canonizzazione, tra questi si approvano: il profumo che si diffonde dal corpo della santa, la guarigione della piccola Elisabetta Bergamini e quella di Cosma Pellegrini, che viene guarito da una malattia incurabile.
Finalmente il 24 maggio 1900, Leone XIII proclama Santa la Margherita di Cascia.
Giovanni Paolo II, nel grande giubileo del 2000, il 20 maggio concede udienza generale a una pellegrina speciale e ai suoi fratelli. Rita da Cascia giunge di nuovo a Roma, volando con la polizia di stato, l’arcivescovo diocesano Mons. Riccardo Fontana, il rettore Padre Bolivar Centeno e Padre Giovanni Scanavino, il giorno 19 maggio. È subito scortata presso i suoi confratelli in Sant’Agostino in campo Marzio. L’intera giornata trascorre in preghiera, fino a notte fonda. Il giorno dopo, accompagnata da un tripudio di gente, mentre già i devoti l’attendono in piazza San Pietro, accorsi da ogni parte del mondo, si realizza l’incontro tra il Vicario di Cristo, l’umile Santa di Cascia ed i suoi fratelli; testimoniando al mondo che il messaggio d’amore e di pace deve ancora oggi trionfare.
Il corpo di Rita, dal 18 maggio 1947, riposa nella Basilica Santa Rita a Cascia, dentro l’urna d’argento e cristallo realizzata nel 1930. Indagini mediche hanno accertato la presenza di una piaga ossea (osteomielite) sulla fronte, a riprova dell’esistenza della stigmata. Il viso, le mani e i piedi sono mummificati, mentre sotto l’abito di suora agostiniana c’è l’intero scheletro (così ridottosi dalla prima metà del ’700).
Il messaggio di Santa Rita
PER TE CHE SEI DONNA
bisognoso dell’aiuto di Dio e della tua protezione.
benedici ogni mia impresa, perché tutto torni a gloria di Dio.
Fa’ che io trovi me stessa,
donandomi agli altri.
Aiutami a difendere la mia dignità
e quella dei più indifesi. Amen.
PER TE CHE SEI SPOSATO
Ottienici dal Signore la forza necessaria
per mantenerci fedeli a Dio e verso di noi.
benedici il nostro cammino,
perché tutto torni a gloria di Dio
e a nostro comune vantaggio.
Sia prospera la nostra casa, o
Santa Rita; l’assistano gli angeli della
pace, l’abbandoni ogni maligna discordia,
vi regni sovrana la carità,
e non venga mai meno quell’amore
che unisce due cuori, che lega
due anime redente dal Sangue purissimo di Gesù. Amen.
PER TE CHE SEI GENITORE
che con passione hai impartito
un’educazione veramente
cristiana ai tuoi figli,
al fine di preservarli dal male,
Fa’ che Dio ci conceda lume e forza
e quello stesso amore che ti ha guidato
per compiere i nostri doveri di genitori. Amen.
PER TE CHE SEI FIGLIO
tu, che sei stata madre,
volgi il tuo sguardo benevolo su di me.
A te affido i miei figli,
questi figli che tanto amo.
come tu hai guidato i tuoi,
per la via che conduce a Dio.
Concedimi di agire con tenerezza,
ma senza debolezza, con forza,
ma senza durezza.
fa’ che tutti i bambini vedano negli adulti
il riflesso delle tue virtù,
affinché, dopo aver imparato da noi
ad amare il Signore
e a servirlo in questa terra,
giungano un giorno a lodarlo
e a benedirlo nel cielo.
invoco su di essi la tua protezione. Amen.
PER TE CHE SOFFRI
alla passione di nostro Signore Gesù Cristo
in modo prodigioso, fa’ che io possa accettare
con amore le pene di questa vita e proteggimi
nelle mie azioni di ogni giorno.
come la rosa raccolta nel giardino di Roccaporena,
sia una vita sostenuta dall’amore appassionato
per Gesù, un’esistenza capace di rispondere alla
sofferenza e alle spine con il dono totale
di me, per diffondere ovunque
il buon profumo di Cristo. Amen.
PER TE CHE SEI CONSACRATO
del tuo prodigioso ingresso nel monastero
formasti l’esempio e lo specchio delle claustrali,
l’eroismo delle virtù, fa’ che anch’io non venga mai meno
all’esatta osservanza del vangelo, delle regole, dei voti
e delle pratiche del mio istituto.
Simbologia di Santa Rita
Attraverso i simboli ritiani, puoi ripercorrere la strada della santità che questa piccola grande donna ha fatto sua.
LA ROSA
Alla fine dei suoi giorni, malata e costretta a letto, Rita chiede a una sua cugina venuta in vista da Roccaporena di portarle due fichi e una rosa dall’orto della casa paterna. Ma siamo in inverno e la cugina l’asseconda, pensandola nel delirio della malattia. Tornata a casa, la giovane parente trova in mezzo alla neve una rosa e due fichi e, stupefatta, subito torna a Cascia per portarli a Rita.
Da allora, la rosa è il simbolo ritiano per eccellenza: come la rosa, Rita ha saputo fiorire nonostante le spine che la vita le ha riservato, donando il buon profumo di Cristo e sciogliendo il gelido inverno di tanti cuori. I due fichi, invece, può darsi che rappresentino i suoi figli e la consapevolezza che, malgrado tutto, si sono salvati.
Il prodigio delle rose e dei fichi in inverno è reso attendibile da diverse testimonianze raccolte nel processo per la beatificazione nel 1626.
L’orto di Santa Rita, dove la cugina raccolse la rosa e i fichi sotto la neve, si trova a Roccaporena, nella città natale di Rita, a circa 5 km da Cascia.
Il fiore simbolo di Santa Rita caratterizza la tradizionale "Benedizione delle Rose", che avviene ogni anno il giorno della festa.
LE API
Nella più antica tradizione, le api si collegano al primo miracolo attribuito a Rita in vita: la guarigione di un contadino.
Il quinto giorno dopo la sua nascita, mentre la piccola Rita riposa nella culla, posta nel giardino della casa paterna, delle api cominciano a entrare e uscire dalla sua bocca, senza pungerla. Un contadino, mietendo in un campo poco distante, si taglia profondamente una mano con la falce. L'uomo comincia a perdere molto sangue e lascia frettolosamente il lavoro in cerca d’aiuto. Nel passare accanto alla piccola Rita, si accorge delle api che le ronzano attorno al viso e fa un gesto con la mano per allontanarle. Nel ritirare la mano a sé, si accorge con stupore di essere guarito.
Si tratta di una semplice credenza popolare, piena di simbologia. In particolare, la scelta delle api è legata alla necessità di comunicare l’importanza della figura di Rita fin da piccolissima. C’è una sacralità nel miele, che ha radici antiche. La Chiesa medievale usava le api come simbolo per rappresentare l’operosità, la laboriosità, l’efficienza sociale, tipica di questi insetti. È di Sant'Ambrogio (vescovo di Milano dal 374 al 397), una delle prime omelie sulle virtù delle api, proposte ai fedeli come modello di vita.
LA VITE
La vite rigogliosa che si può ammirare dentro al monastero, produce ogni anno uva bianca. È diventata il simbolo dell’obbedienza di Santa Rita e della sua fecondità spirituale. Rita, infatti - come dice il vangelo d Giovanni - unita a Gesù, vera vite, è un tralcio che produce molti frutti.
La tradizione dice che mentre Rita è novizia, la superiora le chiede di innaffiare per obbedienza una pianta secca, che si trova nel giardino. Rita lo fa umilmente giorno per giorno, attingendo l’acqua dal pozzo che tutt’oggi si trova accanto alla vite. Così la pianta riprende a vivere.
LA SPINA
Le stigmate sono il segno di un amore vero che dona la vita liberamente fino in fondo per gli amici e per i nemici, per i vicini e per i lontani.
“Così fu in Cristo, modello supremo, così fu in Rita. In verità Ella ha sofferto ed ha amato: ha amato Dio e ha amato gli uomini; ha sofferto per amore di Dio e ha sofferto a causa degli uomini” (Giovanni Paolo II).
Si legge nell’epitaffio sulla cassa solenne: XV anni la spina patisti. Dopo aver attraversato il dolore per la morte dei cari, tra le mura del Monastero, Rita innalza il suo dolore alle sofferenze di Cristo per l’umanità: chiede ed ottiene dall’Amato, come pegno d’amore, di diventare partecipe ancora di più alla Sua sofferenza.
È il 1432. Un giorno, mentre è assorta in preghiera, forse memore della predicazione sulla passione di Cristo fatta da fra Giacomo della Marca nel 1425 presso la chiesa di Santa Maria e, ancor più, formata alla spiritualità agostiniana incentrata sull’amore verso l’umanità di Cristo (che trova la sua più alta espressione nella passione), chiede al Signore di renderla partecipe alle sue sofferenze.
Non sappiamo cos’è accaduto in quel momento, una luce, un lampo, una spina staccatasi dal Crocifisso le si conficca nella fronte e nell’anima.
L’ANELLO NUZIALE
Riscendendo nell’antico monastero, puoi vedere l’interno della cella che al tempo di Santa Rita veniva usata per la correzione di eventuali mancanze gravi contro il Vangelo e la Regola di Sant’Agostino. Dentro questa cella, ci sono l'anello nuziale e la corona del rosario di Rita, molto simile per numero di grani a quelle che vediamo dipinte nelle mani della santa nell’iconografia più antica.
Questa corona sottolinea un altro elemento importante della spiritualità ritiana, il suo amore filiale verso la Madre di Dio e l’imitazione delle sue virtù.Supplica a Santa Rita
22 maggio
O gloriosa Santa Rita,
raccolti attorno a te in questo giorno di festa
con cuore lieto e riconoscente,
ancora una volta ci affidiamo alla tua preghiera
che sappiamo potente presso il Trono di Dio.
Tu che hai vissuto le diverse condizioni della vita
e conosci le preoccupazioni e le ansie del cuore umano,
tu che hai saputo amare e perdonare
ed essere strumento di riconciliazione e di pace,
tu che hai seguito il Signore come il bene prezioso
davanti al quale impallidisce ogni altro bene,
ottieni per noi il dono della sapienza del cuore
che insegna a percorrere la via del Vangelo.
Guarda alle nostre famiglie e ai nostri giovani,
a quanti sono segnati dalla malattia,
dalla sofferenza e dalla solitudine,
ai devoti che a te si affidano con speranza:
chiedi per tutti la grazia del Signore,
la fortezza e la consolazione dello Spirito,
la forza nella prova e la coerenza nelle azioni,
la perseveranza nella fede e nelle opere buone,
perché possiamo testimoniare
davanti al mondo in ogni circostanza
la fecondità dell’amore e il senso autentico della vita,
fino a quando al termine del nostro pellegrinaggio terreno,
saremo accolti nella casa del Padre,
dove insieme con te canteremo la sua lode
per i secoli eterni. Amen.