Don Roberto Zoccalli

Don Roberto Zoccalli

Nato a Torino il 15 aprile 1969. Ordinato sacerdote l’11 giugno 1994 nella Cattedrale di Torino, è stato subito destinato come vicario parrocchiale nella Collegiata Santi Pietro e Paolo in Carmagnola e dal 1997 nella Parrocchia Santa Maria Goretti in Torino, A gennaio 2001, è nominato dal Card. Severino Poletto parroco della Parrocchia SS. Trinità in Moncalieri e da settembre 2007 ha guidato anche la Parrocchia Beato Bernardo di Baden in Moncalieri.
Mons. Cesare Nosiglia lo ha nominato nuovo parroco della Parrocchia Santa Rita da Cascia in Torino con decorrenza dal 1 settembre 2017. La comunità parrocchiale lo accoglie il 23 settembre 2017. Il 7 giugno 2020, dopo solo tre anni alla guida della parrocchia-santuario di Santa Rita, l’Arcivescovo accoglie la sua rinuncia per motivi di salute.
il 26 settembre, durante la celebrazione di commiato, il Consiglio pastorale parrocchiale lo saluta con queste parole: “In questi anni abbiamo lavorato insieme e costruito un pezzo di storia della nostra parrocchia. Abbiamo apprezzato molto il tuo insistere su certi progetti: la comunità, le famiglie, i giovani, la catechesi, i bambini... Poi vari fatti ti e ci hanno impedito di raggiungere pienamente gli obiettivi che ci eravamo fissati. Comunque, in questi tre anni abbiamo certamente costruito ricordi. A te e a noi il compito di tenere viva la memoria dei successi, dei momenti di felicità e di sofferenza. La memoria è necessaria per costruire il futuro. Per il tuo bagaglio di ricordi vorrei offrirti due flash: in Consiglio pastorale qualcuno ancora l’altra sera, ricordava con commozione la vicinanza offerta nel tempo del lockdown a causa della pandemia attraverso le celebrazioni, i rosari del mese di maggio… Un ragazzino che sta per ricevere la Prima Comunione, venerdì mi disse: “Mi piaceva andare a Messa da don Roberto. Ci spiegava bene, ci coinvolgeva e noi stavamo attenti”. Due ricordi per il tuo cuore. Ecco caro don Roberto, sii sereno, chiedi che lo Spirito Santo ti indichi quali strade d’ora in poi dovrai percorrere per essere sempre un buon pastore. Noi ti assicuriamo la vicinanza nella preghiera”.

 

 

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Don Leonardo Birolo

Don Leonardo Birolo.

Nato a Poirino il 15 maggio 1942. Ordinato sacerdote il 27 giugno 1965. Nel suo cuore le parrocchie di Orbassano, di Settimo, il Cardinal Ballestrero di cui fu vicario per molti anni. Parroco a Santa Rita dal 1993 al 2017.

Ora in pensione? Sì, certamente ma non a riposo: continua ad essere collaboratore di alcune comunità parrocchiali. Lo abbiamo intervistato andandolo a trovare presso la Casa del clero di Torino. Alla domanda “Quali luci e quali ombre nel suo ministero?” non risponde subito. Pensieroso, chi lo conosce bene sa che quello è il suo stile, cerca nel suo breviario un foglio su cui è scritta una poesia con una vecchia “Olivetti 32”. Fu un dono dell’amico Gero Cancialosi per i suoi primi 10 anni a Santa Rita; un dono così prezioso che ancora oggi lo conserva gelosamente. Riporto alcune rime: (…) Altrove era destinato / il Vicario del Vescovo / che invece è arrivato. / Con un po’ di freddezza / è stato accolto, ma / sopportò con fermezza”

Don Lello riparte da quel fatto, inizia così il suo racconto: sapeva bene di essere inviato in una Parrocchia dove non era atteso, dove molti lo consideravano come “colui che aveva fatto le scarpe a don Oreste”. Il suo ingresso: il 27 marzo 1993.

Così iniziò il suo ministero a Santa Rita; riservatezza, sobrietà, semplicità lo hanno caratterizzato negli anni in cui è stato parroco, e alla partenza quando volle, come unico regalo, una raccolta straordinaria di cibo per le famiglie povere della Parrocchia.

Parroco per 24 anni, tutti dedicati a portare avanti il rinnovamento conciliare. Un grande e costante impegno fu quello di trasformare la religiosità popolare, purificandola, innalzandola, elevandola. Un’altra scelta qualificante: il primato della Parola di Dio e la promozione dell’Adorazione. La promozione della liturgia e le nuove celebrazioni (ad esempio la via Crucis dei venerdì di Quaresima) ora entrate a far parte della “tradizione”. Gli anziani valorizzati, messi al centro. Gli itinerari di fede verso i sacramenti ripensati come itinerari di fede seri e continuativi.

L’adeguamento delle strutture per le attività pastorali e, in Santuario, i lavori di adeguamento alle norme conciliari: presbiterio, fonte battesimale. L’impegno a completare opere mai concluse: portoni, mosaici.

Quali i progetti incompiuti? Tutti! Nessun progetto ecclesiale è mai compiuto. Un cruccio: Non essere arrivato ad un rinnovamento dei responsabili laici, non sono arrivato alla scoperta di nuovi volontari, di nuovi talenti.

 

 

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Don Oreste Bunino

Don Oreste Bunino.

Nacque ad Airasca il 5 novembre 1924. Ordinato sacerdote dal Card. Maurilio Fossati il 29 giugno 1947. Dopo i primi incarichi pastorali come viceparroco nella parrocchia di San Lorenzo a Giaveno e in seguito a Torino alla Santissima Annunziata; dal 1961 ebbe la responsabilità di prevosto ad Andezeno. Nel 1968 ritornò a Torino nella parrocchia che lo aveva potuto apprezzare come viceparroco. Per parecchi anni è stato presidente e assistente spirituale dell’Opera Diocesana Pellegrinaggi, nella quale ha saputo animare anche l’attività di molti collaboratori laici. Il 18 aprile 1979 fu nominato parroco di Santa Rita e il 13 maggio iniziò il ministero pastorale. In seguito, fu nominato rettore della chiesa della Misericordia in Torino.

Sacerdote buono, umile, laborioso, semplice, di grande buon senso, seppe svolgere con delicatezza e intelligenza ogni compito affidatogli. In parrocchia ritenne prioritaria la pastorale delle famiglie. Seppe ben attuare l’invito del Vaticano II a coinvolgere e render responsabili i laici nei vari ambiti di pastorale: nella carità e nella catechesi, nella liturgia e nella musica sacra, di cui fu particolarmente cultore. Si rese capace di un avveduto ricupero delle strutture parrocchiali a fini pastorali.

Si è spento dopo una non lunga malattia all’ospedale Cottolengo, la sera di sabato 17 giugno 2006.

 

 

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Don Giacomo Pecchio

Don Giacomo Pecchio.

Nacque a Rivalta Torinese il 13 aprile 1911. Ordinato sacerdote nel Duomo di Torino il 19 giugno 1935. Fu viceparroco a Giaveno e a Santa Barbara in Torino. Dal settembre 1943 fu parroco a Lucento, poi a Santa Rita dal 1962 al 1979.

Uomo dotato di intelligenza, grande umanità, enorme disponibilità ed apertura al nuovo. Si dedicò alla nuova comunità con impegno, proseguendo l’opera del fondatore. Fece sua la novità del Concilio Vaticano II, promuovendo l’iniziativa del diaconato in parrocchia. Nel 1977 venne ordinato diacono Giovanni Baracco, e a lui seguì la proposta per Giovanni Marsocci che venne poi ordinato nel 1984.

Tutti i giovani di allora lo ricordano con affetto: è stata sua l’idea del primo locale riservato a loro, il “Tibidabo”, aperto alcune ore tutti i giorni. Iniziarono le varie attività giovanili: i primi cineforum, le mostre fotografiche, le serate culturali, le gite estive, quelle invernali con la scuola di sci, i campeggi e i viaggi all’estero. Poiché essere cristiani sotto il campanile era sembrato facile, alcuni ritennero di impegnarsi nel sociale, altri entrarono nel gruppo Abele, nella scuola, nei partiti. Nel “Tibidabo” nacque il primo comitato spontaneo di Quartiere.

Durante la sua permanenza al Santuario, vista la crescita del quartiere, promosse e sostenne la suddivisione del territorio con le prime parrocchie “figlie” di Santa Rita, affidate a suoi viceparroci. Quanti lo hanno conosciuto non possono dimenticare la sua cordialità e affabilità con tutti.

A causa della sua salute, si ritirò nella casa del clero di Pancalieri dove morì nel 1984.

 

 

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Mons. Giovanni Baloire

Mons. Giovanni Baloire.

Fondatore del Santuario di Santa Rita da Cascia in Torino, spese tutta la sua vita per la realizzazione di quello che è uno dei più famosi santuari di questa città. Egli appartenne ad una schiera di sacerdoti torinesi costruttori di chiese nel periodo in cui Torino iniziò la sua espansione edilizia nella prima cintura, attenti ai segni dei tempi ed alle esigenze della gente che arrivava alla grande città dai paesi del Piemonte, prima, e dal sud, nel dopoguerra, rincorrendo una possibilità di lavoro che nei loro luoghi di origine non trovavano. Questi sacerdoti seppero operare per dare alla loro gente chiese accoglienti in cui riunirsi come popolo di Dio e strutture di supporto per le attività pastorali, luoghi di accoglienza per le necessità di crescita e sviluppo. Restano come testimonianza che Dio suscita in ogni tempo gli uomini adatti per l’annuncio del Vangelo in ogni luogo.

Mons. Giovanni Baloire nacque il 17 giugno 1885 a Rivoli (TO), primo dei cinque figli avuti da Simone nel secondo matrimonio con Maria Anna Negro, dopo ai tre del primo matrimonio con Maria Aurilotto, deceduta nel 1883. Incoraggiato dal suo parroco, entrò nel Seminario di Giaveno nell’ottobre 1896. Seguì gli studi con profitto e serietà e conseguì il 27 aprile 1908 la Laurea in Teologia nella Facoltà Teologica di Torino. Venne ordinato sacerdote il 28 giugno dello stesso anno a Torino dal Card. Agostino Richelmy nella cappella dell’Istituto Cenacolo di Torino. Il 1 luglio 1910 conseguì una seconda laurea in diritto civile ed ecclesiastico alla Pontificia Facoltà Giuridica sempre in Torino.

Dal luglio 1910 al giugno 1913 fu viceparroco nella parrocchia di Santa Maria della Pieve di Savigliano (CN) e dal giugno 1913 all’estate del 1916, fu viceparroco a Carignano (TO) nella parrocchia di Santi Giovanni Battista e Remigio. Tra l’estate del 1916 e il marzo 1919, il servizio militare portò il giovane sacerdote nella scuola Giuseppe Mazzini di via Tripoli in Torino, insieme a molti altri sacerdoti. Le caserme confinavano con l’estensione dei prati interrotti soltanto dalle nuove scuole, dalle case popolari e da alcune casette e cascine sparse in quell’ampio territorio largo e lungo circa 5 chilometri che allora dipendeva dalle parrocchie della Crocetta e del Lingotto: la situazione della zona rimase nella fantasia e nel cuore del giovane sacerdote, anche dopo aver completato il suo servizio militare nella Sanità sul Carso, sull’Altipiano di Asiago e in Dalmazia.

Nell’aprile 1919, terminata la guerra, venne inviato come viceparroco a San Secondo in Torino, accanto a Mons. Giovanni Battista Pinardi, ove rimase fino al 15 aprile 1928, giorno della inaugurazione della Cappella di Santa Rita alla Barriera di Orbassano di Torino.

Presso la parrocchia di San Secondo, in qualità di viceparroco aveva la cura del catechismo, del piccolo clero, dell’oratorio e in particolare di uno degli altari della chiesa: quello dedicato a Santa Rita. Proprio ai piedi di quell’altare sbocciò in lui l’idea di erigere un santuario alla Santa degli Impossibili. Fece fiorire la devozione alla Santa, creando la Compagnia dei devoti di Santa Rita e il “bollettino”, e circondandosi di un gruppo di Zelatrici, che anche in seguito gli furono di grande aiuto per reperire i fondi necessari a portare a termine la sua opera. Con questi strumenti e la sua grande fede portò avanti, fra mille difficoltà e incomprensioni, il suo progetto per la realizzazione della chiesa proprio nel luogo dove era stato da militare e già allora aveva colpito la sua attenzione.

Ma la sua preoccupazione non fu solo la costruzione di una chiesa di mattoni. Dopo pochi giorni dalla nascita nella nuova Comunità Parrocchiale, nel maggio 1928, vennero celebrati i primi battesimi, un matrimonio ed un funerale.

La sua predilezione per i ragazzi fece si che tra le opere annesse alla chiesa ci fossero ampi locali per il catechismo e l’oratorio. Istituì una “schola cantorum”, curò il piccolo clero, diede vita alle varie associazioni di Azione Cattolica. Si preoccupò anche degli adulti e fin dal 1933, in parrocchia risultano presenti gruppi di Azione Cattolica di uomini e donne.

La figura del fondatore è stata sottolineata dai suoi collaboratori e da quanti lo conobbero: “...Il Signore concesse a lui, in misura fuori dell’ordinario, il talento del costruttore ed egli lo fece fruttificare con pazienza, con perseveranza, con coraggio, con tenacia piemontese... Insopportabili per lui gli imbroglioni e i fannulloni... Di qui la giusta stima del denaro, dato a lui in consegna dal Signore e che egli amministrava con parsimonia... Di qui la povertà della sua casa ed il distacco dal denaro, che fanno da magnifica cornice alla sua figura... Visse sempre da povero... La sua povertà non era avarizia ma rispetto sommo, scrupoloso del denaro, di cui si considerava solo amministratore e che tutto volle destinato alle opere del Signore... Monsignore non era uno uomo che si lasciasse comprendere intimamente con molta facilità. Chi però riusciva a scrostarne la ruvida e alle volte scostante epidermide, trovava un grande cuore... Aiutò i poveri, dando incremento alla Conferenza di S. Vincenzo, mise una cura speciale nell’avvicinare i sacerdoti poveri e quelli infermi, ai quali diede il conforto dello spirito e dell’aiuto materiale; aiutò le opere diocesane in misura tutt’altro che ristretta, perché le esigenze del suo spirito apostolico non potevano essere appagate dalle realizzazioni parrocchiali...”

Il Vescovo Coadiutore di Torino Mons. Tinivella, il 31 marzo 1963, giorno in cui le spoglie del fondatore venivano sistemate nella cripta della “sua” chiesa affermava: “Egli non ha costruito soltanto la chiesa, egli ha voluto un complesso di opere parrocchiali, per cui, antiveggente, ha provveduto a quelle che sarebbero state quasi tutte le future necessità.”

Infatti, oltre alla chiesa, ai cortili, al cinema-teatro, fece costruire l’asilo affidandolo alle suore della Carità di San Vincenzo, che aveva fatto arrivare nella zona fin dal 1941.

Negli anni Cinquanta, con la costruzione dei nuovi quartieri residenziali e il grande aumento della popolazione, capì che la comunità era diventata troppo numerosa e promosse il sorgere di nuove parrocchie con la suddivisione del territorio iniziale. Diede vigore a molte vocazioni sacerdotali ed alla vita religiosa.

Le spoglie del canonico Baloire riposano nella cripta sotto l’altare maggiore del santuario. I parrocchiani gli hanno dedicato un busto in marmo posto nella navata sinistra accanto alla cappella del Sacro Cuore. Di lui esiste anche un bel dipinto del pittore Caffaro Rore, per cui egli stesso aveva posato, conservato nei locali parrocchiali.

 

 

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